
Leggendo questa citazione tratta dalla seconda pagina del racconto di Tahar Ben Jelloun, uno dei più noti scrittori marocchini contemporanei, è già esplicita l’intensità della narrazione racchiudendo in sé tutti gli elementi determinati l’identità del racconto. Poco più di cinquanta pagine, ma ricche di contenuto, nelle quali nulla è tralasciato della sofferenza che affligge il protagonista, un famoso pianista marocchino che vive a Parigi, dove il suo nome ed il suo talento si sono diffusi al pubblico europeo. La notorietà l’ha però portato anche a dei risvolti negativi, quella sensazione di sporco che lo ossessiona ed il brutto odore che è convinto emani la sua pelle, ma in realtà sono solo complessi psicologici nati a seguito di una grave delusione. Il suo istinto e la sua buona fede lo hanno spinto a concedere la sua amicizia a delle persone che non la meritavano affatto, manifestando presto il loro vero interesse economico approfittando del legame instaurato per commettere furto e tradimento a suo danno.

La religione si unisce qui alla magia senza riuscire a distinguere il confine tra le due, mentre la saggezza di Haj Benbrahim sfocia in rituali di stregoneria che sembrano completarsi a vicenda. Il male è quindi sconfitto accompagnato dalla capacità di dimenticare il torto subìto.
E voi cosa ne pensate?
“L’Hammam” di Tahar Ben Jelloun, ed. Einaudi, € 7.50, pag. 58
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